sabato 23 giugno 2012

tuo, Roland

Le mani in tasca, ritmo lento, quasi dondolante accompagna pensieri e giovani voglie. Ammettere un cambiamento è eccitante, ma non facile.
Ho posato lo sguardo su una scena alla cannella: troppo dolce bruciava gli occhi, ometteva troppa realtà. Attraverso il bosco, nuove solitudini. Il sentiero divenne ostile appena fu buio, conoscevo quel percorso, non avrei potuto avere difficoltà. sai, amico, la problematicità è una parvenza, in effetti non esiste. Ho colto fiori, rami secchi e foglie, le ho lasciate rinsecchire in un posto sicuro.

Ti scrivo poche righe per un evento da comunicare. stop. La differenza fra esprimere e comunicare, sai. stop.
Funerali del passato, via Morto ai paesi, 3.stop Deceduto durante una passeggiata, dicono infarto. stop. Ho scoperto il suo testamento, del passato, intendo. stop. Non posso parlartene per telegramma, anche se lo farò comunque. stop. Io non ho visto il cadavere, l'ho trovato per strada, una donna dall'aria stravolta mi ha strattonato e mi ha urlato contro è morto il passato, è morto il passato, calpestato ucciso. stop. Eri vestito di corallo l'ultima volta che ti ho visto. stop. Ora ti immagino di nero e di bianco. stop. Dai un occhio alla Grecia. stop. Attento al carovita, ai semafori, agli sconosciuti. stop. Ricorda sempre che paesaggio e realtà non hanno nulla in comune, ricorda. stop. Non chiedermi l'indirizzo del posto dove andrò. stop. Ti lascio con un interrogativo. stop. Abituati al caldo e al freddo della luna. stop. Ama la solitudine e non circondarti di troppe parole vuote. stop. Abbi cura del sé. stop. 
Cosa sceglieresti del tempo: draghi e sirene o camaleonti e salici? stop.
                                                                                           

giovedì 14 giugno 2012

Ultima fermata

Cinque donne mi invitarono a entrare. Esitai. Poi entrai.

Oggi ragiono sui silenzi, sulle clessidre in frantumi e gli scontrini che si dichiarano sempre meno di quel che sono. E mentre scopro a fatica il velo, mentre guardo con amarezza il mare, ho tutta la sabbia negli occhi. Il sole è in cima alle cimase, ma poco importa, per me è notte fonda. Il nord Europa mi fa paura, non ci metterò mai piede. Mento. Sono a piedi nudi, quattro grattacieli sono crollati alle mie spalle, il medico mi rincorre mentre scappo dall'ospedale: questi ha bisturi e punti, gli occhi sono spiritati, i denti così splendenti. Il sindaco mi ha parlato di un nuovo comune che stanno edificando alle spalle del mio, dietro, dove si trovano pure le verità, lo chiameranno il comune dei diseredati. Faccio di no col capo: non è un bel nome, non è. Ho chiesto a Stravinsky di starmi accanto, ho chiesto a van Gogh perché tanta sofferenza ai piedi d'un campo di girasoli, ho chiesto al cielo di piovere di meno, ho chiesto all'abisso e mi ha risucchiato, ho chiesto all'abisso e mi ha ricacciato. Mai più mediocri sere a frantumarsi il cordone, mai più a contarsi le monete in tasca, a stringersi come la notte, a colmare il vuoto di una provincia di sentimenti, non sento niente, non c'è niente. Così mi ridesto dal sogno, bevo un po' d'acqua, è salata. Indosso le scarpe e scalza mi chiudo la porta di casa alle spalle. Che cosa lascio, che cosa trovo, quante nuove occasioni; sempre le stesse. Ho visto Zingaro Incoronato, fra gli spasimi e le lettere, l'ho visto annerire gli spazi bianchi d'inchiostro e di vino, spazzolare le rime del mare e mettere in salvo gli animali dagli uomini. Mi ha riconosciuta, come tutte le mattine, mi ha guardata come a dire tu che fai qui. Non ho detto nulla, non ti posso toccare, ma vorrei che dicessi. Con lo sguardo mi ha fatto cenno di sì, poi ha aggiunto che non può. E' meglio non sapere. Resta la clorofilla da leccare, verde vitale, restano le corde delle chitarre da spezzare, un orologio profumato in camera da conservare, un pacco pieno di lettere da leggere ancora, quell'occhio da mordere, e quel sacco di sogni che devo andare a riprendere.
Finisce così, senza un senso, nemmeno uno. Si articola su spazi immensi la possibilità. Cancello le immagini, cancello i ricordi, la memoria è troppo carica. Basterebbe, se ci fosse, un pulsante, delete, una fiamma, uno schiaffo, una stretta per sentire che si è vivi. E com'è triste morire da vivi e da giovani. Werther fece moda a suo tempo, perché era facile vivere d'un fiato e morire per vanità. Oggi Werther dove sarebbe?
Ero in mezzo ai popoli, agli autoctoni, al folklore, agli stranieri. La luna era piena, e maledetta, che mi fa andare fuori controllo. Ho detto troppo, la bocca è secca. sens-

venerdì 8 giugno 2012

Graffiti

scrivo.
Ma senza usare carta e inchiostro, si graffia lo stesso?
E poi, chi dice che scrivere valga a qualcosa?
Di ogni cosa il suo contrario.

domenica 3 giugno 2012

Meditocrità domenicale come fra gli scaffali della Feltrinelli in fiamme

Le strade che portano alla montagna, sentieri e calate indigeste, quel signore alla sua finestra sul mare, i sordi i muti e i ciechi a dirigere le orchestre. Le abitazioni di città e quelle dei quartieri poi, hanno un grigio diverso, come a dire la storia di quest'asfalto è mia, gira l'angolo nulla è come è qui. Identificarsi attraverso i colori, la forma dei balconi, le scelte delle tende, ma in realtà al sesto piano ci abita una sola famiglia. Oggi ci abita un solo familiare, che poi non avere più parenti significherebbe essere orfano, e non più familiare, quindi essere uno. Nella mia cittadina non ci sono costruzioni alte come in quel quartiere, quelle sono alte come i fari. D'altronde è sempre un quartiere di mare, la mia, cittadina a parte. La geografia ha sempre spiegato ogni cosa: l'economia, la  consistenza fisica degli uomini che abitano certi luoghi, la letteratura, le strategie storiche, le svolte segrete, le manie di grandezza, piccolezza, accerchiamento e ancora...




Passando per la testa
                                                                             
  . incredulità          , sedia, seno, garage, nero, tensione muscolare da vita sedentaria, pacchetto merito, eroi in costruzione fuori al discount, la letteratura potrebbe innamorarsi della chimica,                                                                       mani in all'erta, un mese e mezzo, foglio bianco, novelle, giornali, titoli dei giornali, trafiletti, leggere le tracce, traffico, mare, gli antenati con i polsi al cielo come i figli degli anni zero, essere attore in un auto-fiction, pensare: fossi stato giovane trenta o cinquanta anni fa avrei vissuto un'altra condizione certo, forse non questa della mobilità incapace, tremare prima che il bus parta, bussare alla porta ma                                                                                            nessuno apre, buoni propositi in tasca, acqua, vino, acquolina alla bocca, napoli, gatti randagi, unità, sessione, faro, occhi, tutti gli occhi guardano la tazzina di caffè in modo diverso, e non c'entra il colore, Willy il coyote, un'occasione, dritti al medioevo, spazzolarsi le rughe,                disfact            , salve, io sono, insoddisfazione al risveglio, occhi chiusi, silenzio è tempo di silenzio, 'Maddalena penitente' mi fece sudare gli occhi in libreria, festeggiare il capodanno mandando affanculo tutti invece che augurargli buon anno, presentarsi nudi a carnevale dicendo agli amici di avere un costume da nudista, al casello quelli si baciavano con le macchine, non mi ricordo più che volevo dire. forse volevo dire che dal momento che la realtà non ha a che fare con la trinità, e dal momento che il linguaggio ci fa comunicare, e dal momento che più realtà creano i sogni, io avverto che io io io non saremo mai una trinità, treno di rime probabilmente, flusso di penitenza, l'incertezza incalza, la noia non trionfa. fermi non si può stare. ma nemmeno sempre ad aspettare.                                                                                                                                Sfreghiamoci gli occhi con le dita.

sabato 2 giugno 2012

Resoconto di un tempo

Un cavaliere la colse da terra, la posò in sella al suo cavallo e senza una parola percorse il bosco. Rinvenne, lei, durante il tragitto, ebbe un attimo di smarrimento, ma guardando di spalle il cavaliere notò che la sua non era una armatura nera, e ne fu rassicurata. Si lasciò percorrere.
Un ragazzo al bordo della strada, poco distante dal semaforo, ragionava su come stendere colore sul muro di fronte. Aveva due bombolette cariche di colori e lasciò via libera al braccio destro. Non vi dico cosa ha realizzato, quando passerete da quelle parti, saprete riconoscerlo.
Un sordo e una cieca si lasciarono andare. Cieca com'era fu colta da stupore toccandosi il ventre gonfio.Si mosse sicura nel buio, ondeggiando in cerca di lui. L'odore ammise subito di appartenere al sordo. Lei, cieca com'era, gli strinse il braccio, glielo portò leggero al ventre, e gli disse di che si trattava. Lui, sordo com'era, non sentì, e lei, cieca com'era, sorpresa com'era, glielo ripeté a voce alta, gridava. Ma lui, sordo com'era, percepiva solo l'agitazione. Il gesto del braccio portato al ventre fu comunque significativo. Seppure lui sorrise, lei non poté vederlo, cieca com'era; seppure lei gli disse parole importanti, lui non poté saperlo, sordo com'era, ignaro  dell'importanza e della parola. State pur certi che la comunicazione riuscì comunque: era così ovvio, da un ventre sordo e cieco sarebbe venuto al mondo un muto. Si lasciarono al silenzio.