venerdì 13 dicembre 2013

Ritornello

(quando mai si vide luna mancante.
quando mai si vide buio sorgere
quando mai funghi fecero fiore
quando mai dentro il mare, il mare di dentro sposò foglie
quando mai acquerello acquietò acrilici
quando mai scadenza produsse essenza)
Quando mai distesi sul grumo più duro dell'estate i giovani più giovani presero umidità in grosse percentuali.
Mai più persi nei loro idilli funerei, adulti; sempre più adulti scoraggiarono il ricordo mostrando album. La colla staccava, ingiallita, si staccava la pressione che mano accaldò, fra carta e carta fotografica. Un gesto, nient'altro che un gesto, su cui tutta la gioventù posava, labile ed esterna, come di quei lutti su cui s'adagia il dolore e in poco tempo scompare, diventa interno ma scompare; riposa sul grumo duro dell'attesa estiva.
Quando mai Trimalchione organizzò pranzi.
Quando mai femminote e marinai sgusciarono l'ovulo del crostaceo speciale.
Quando mai uominiedonnenote si unirono senza mai penetrarsi, dentro, più dentro nel mare, senza dolore.
quando mai lingue arrovellate produssero suoni identici.
Quando mai e quando, queste parole potranno sporgere verso il segno più prossimo della deriva.
Quando mai questo grumo fuori stagione di detriti saprà tatuare l'evidenza del suo tempo e darle un senso, quando mai l'ancora ruggiosa del tempo ferirà l'attualità allora davvero segnoparolanota potrà sporcare la lingua di voialtri.
quando mai questo sarà un solco giocato sull'asfalto ancora fresco di un immenso grigiore
iotuevoialtrinoti attaccheremo ancora giovani la memoria della parola, sensata, utile e la distenderemo con pressione di mano su quell'altro; gioventù diverrà giovinezza e parola non più segno dentro il solco.
Ma parolanota.
Quando mai

martedì 17 settembre 2013

posto un post

Ecco:
posto un post.
Ecco:
è già il post.
Apostoli
Baldracche
Sciagurati
: un posto, il posto dammi un po' un po po un polo senza un po po' sto un po' un posto e avrai comunità regolamentate da norme comunitarie e non più sociali.
C'è differenza:
un po'.
Apocalissi
Apolidi
Apocrifi 
A po' just a po un peau 
Il Po
un po' di posta. 
Era un po' che non vedevo il po po postino. Signor po-po-po-Post! no! Signor Postino! Dov'è (popopopo)stato?
è un po' che asp-p-p-spetto la casella della posta p-p-p-pppiena di post.
è da un post che aspetto. 
Mi apposto alla finestra, ma senza affacciarmi.
Non vedo stesso posto stessa ora già da un po'.
Eppure gli dissi, -guarda che in un post pppuoi starci.
Posteggiatori 
Posto in banca
Posto in posta
: il banco posta
Un posto a tavola
e poi l'imposta
rispost-o-titolo-di-un-post
Un po'porno
Su prati c'eravamo Presi a Padova, Paris era impronunciabile. era prima di partire alla caccia di un posto. 
Che per caso ha visto un posto?
Pacco doppio pacco e controppaccotto
Eppure doppia p. PP: caPPotto.
aPelle figlio di aPollo perse una palla di pelle e di pollo
e Poi?
puoi postarmi in uno dei tuoi post, posso, posso, posso entrare?
Kann ich ausgehen?
Poi arrivasti in pu pu 
punta di ppiede. 
Puff!
sParisti = andasti via da Parigi.
E non venirmi a dire che qui non c'è posto per te. 
Che non si faccia di tutto un post.
E allora poi, ma solo poi, mi vieni a dire.
poc'anzi
PO po ppppp posto post posso
NON TI POSSO SENTIRE!
uh!uuuuhhhrli, perché urli? 
Possibile che non mi senti?
po-po-po-po possibile,
Puoi senitirmi? senti? non senti? Non mi senti.
Posso solo solo sentire le tue pi.
Puoi venire un po' nel mio post?
e poi?
ti posto.

venerdì 6 settembre 2013

Framenti. C'è una grammatica involontaria

Il sale brucia
ma non sul mio viso.
Il sale bacia 
dove l'acre limone lecca il sale. 
È  ferita.
Lacerato
l'acerato 
l'acer
l'ace rato, 
lacerato. 
Torno a costituirmi-ri, torno dentro di me, I.N.-R.I., nell'elettronica consunta e opaca di questi spazi, orizzontali, nazional-popolari.
MA
tu schiacciami, acciami. uT
Griderensi, perchè gridai e insieme sognai, 
uh, forte 
al sospiro inseguii le mie albe 
oh mio mio mio
tutto ciò che abito è mio 
persino 
i miei occhi uno diverso dall'altro sono miei
MA
se il cuore divenisse metallo, senza un rantolo di vita, sentirebbe solo freddo. eppure, sentirebbe. 
È un'abbondanza che straborda dalla bocca, e gocciola, come la bocca della Merini su quel trono, era il piccolo schermo, della donna alda: aggettivizzo identificando.
MA
Prendi un corpo, per esempio. Le parti di un corpo. 
La pubblicità declama: RACCOGLI LA MIA PELLE
occhi--> ed essi si mescolarono al rosa variopinto di ciascun frammento. e dissero tutto.
naso --> ed essi videro non la regolarità e l'armonia del corpo naso nel corpo volto; essi videro solo narici. e odorarono tutto
MA
oh mia mia mia
oh mia stella fradicia posata in purgatorio, 
oh mia, 
oh mio deserto di auto-referenzialità, avrò lettere di referenza da scriverti ancora; potrò? 
Potrò mai più io dirti mio e sempre io ché se mio, raccomandarti ad altri me, e con quale ego, ancora io potrò mai?
io che vivo nel cuore del bue, io che bevo vino da botti secche, a ritmi irregolari, io che coltivo cuori in periferia, io che di mestiere null'altro conosco che il tempopassatore. 
oh mia mia mia 
oh mia oh mia dolce tremenda compagnia, (ti prego, leggi compagna, ma scrivi compagnia)
oh mia che t'amo, io che t'amo più me.
Quest'ode è a te, al vento e ai rachitici. 
Quest'ode è all'oste che vendeva ostia di contrabbando al parroco, 
quest'ode è al dio lercio, al comune mio dio, al territorio pulito che è un deserto, alla piazza alcolica, quanti bei sogni infranti, bicchieri dei bar rubati...
MA
Il parroco disse, e ne fu convinto, era un funerale, io mi ricordo, disse:
-Gesù Cristo non s'è vergognato di essere stato fra gli ebrei-
Allora io mi alzai e con gran  religione presi il calice e spezzai il pane e bevvi il vino e lo diedi ai suoi discepoli e dissi, prendete e mangiatene tutti questo è il calice del mio sangue, offerto in sacrificio per voi, no 
MA 
dico, per te e per la nuova alleanza
Bevvi il vino e spezzai il calice sulla testa del parroco. I suoi discepoli sbigottirono (i bigotti) e di ridicola premura s'assicurarono si trattasse di un errore.
Spezzai il pane, glielo spezzai fra i suoi denti
e ne mangiò
e Gesù non si vergognò d'essere fra gli ebrei.
Nuova alleanza si crea quando nuovo corpo prende forma. 
MA
Gesù non può vergognarsi di essere stato fra gli ebrei, manco a dirlo, perché in Gesù c'è trinità, padre figlio e spirito santo.
MA
posso dire anche parole da more, 
se vuoi.
c'è una grammatica involontaria
c'è una grammatica involontaria
c'è una grammatica involontaria

martedì 2 luglio 2013

Da molti a uno

Posso fare a meno di sprecare?
Anche questo è spreco.
Meglio tacere (fra parentesi di punteggiature)

Ma la prateria è un cantiere di infinita creatività.
 Questo blog?
Una casa senza mutuo da pagare, un angolo o una gogna, un rifugio da dove filtra luce, un'alcova dove gli unamanti si incontrano e si confrontano, dove ogni immagine è esperienza, e tutte le esperienze immagini mai univoche. 
Ci sono molte voci, molte vite, molti modi, molti sorrisi, molti mattini, molte lune, molti inverni, molte primavere, molti amici, molta gente, molti bar, molti occhi, molti girasoli, molto grano, molte nuvole, molti portici, molte manie, molte abitudini, molte penne, molti siti, molti contenitori, molte navi, molti blog, molti gruppi musicali ma anche molti solisti, molti libri pubblicati, ma anche mai pubblicati, molte memorie personali in un cassetto, molti racconti raccontati e quindi molte storie in immagini descrittive mai uguali, molti fotoricordi, ma molti pochi album, molte famiglie, molti poster, molte calamite sul frigorifero, molti corpi, molti cani, molti arazzi, molte piantagioni di tabacco, molti vestiti, molti soldi, molti mestieri, molte tasse, molte scelte, molta immondezza, molta pornografia, molti verdi luoghi, molte isole verdi, molte cassette, molti dvd, molti film, molti animali,  molte chiacchiere, molto cibo, molte feste, molta carne, molti libri in biblioteca, molta folla, molti supermercati, molte settimane, molte domeniche, molti venerdì, molte idee, molte pizze, molti alcolici, molti belvedere, molti verbi, molti errori grammaticali, molti odori, molte essenze, molti capelli, molte utilitarie, molte canzoni, molti anelli, molti piedi, molte bottiglie, molte ortiche, molti alberi, molte capitali, molte europe, molti politici, molti precari perché esistono molti presenti precari sussistenti senza molte assistenze, molti eventi, molte culture, molti eventi culturali, molta frutta, molte vitamine, molta normalità, molta decenza, molti significati, molte maschere, molto teatro reale, molte guerre, molti utenti, molti studenti, molto palinsensto, molto privato, molte morti, molti guerrieri, molti asili, molte carceri affollate, molte cravatte, molti semafori, molti dottori, molti alberghi, molte scarpe, molti molti.


Molti tutti, anche gli ottimisti convinti, sanno dire che soffrire è potenza.
precari da un secolo, noi viviamo il costante precario quotidiano come esperienza sofferente.
Così non sappiamo spiegarci, non sappiamo descriverci, ci definiamo purtroppo, e andiamo, con un costante  soffrire quotidiano che ci impedisce di imparare, assimilare e ricominciare. (Lo slancio) è solo un piede che calcia una catena.

Dormire nel reale.
Se il reale ti inghiottisce non dormi, vivi solo.
Mi sono trovato sveglio in sogno.
pausa estiva

martedì 14 maggio 2013

l'amento

Aglia, aglia, ai ai!, lo dici spesso, sai.
aglia, aglia, ancora ai,
senza acca, non tira vento, è solo bruciore, sai.
I portici della città piccola, ricca di appellativi e di poca virtù, sfilano, si gonfiano e riempiono visioni d'ogni tipo. S'ammorbidiscono addosso ai passanti come formaggio fuso, come plastica che brucia. Ma non c'è puzza intorno. Qui, qui dentro, più vicino allo schermo, più vicino, anzi più qui, più dentro. Avvicina gli occhi, bacia lo schermo, la fattispecie di una pagina, abbraccia il computer, mettigli fra le pagine un po' di profumo, rendilo umano, accosta la bocca, bacia la pagina ingombra. Tu dici che non puoi, che non è una vera pagina, è finta... e intanto non ti accorgi di come tutto si è contaminato indistinto, di come il nostro scrivere è un trascrivere il parlato, con sempre meno avverbi, sempre più punti, e sempre meno pulsioni da esaudire. Nemmeno più le stelle del 10.VIII d'ogni anno. Nemmeno più un'incognita. Chiedi alle parole come si sta dietro a uno schermo, chiedi a Marilyn, la bella impasticcata nel torto, chiedi a Jean Seberg, come fanno a morire ancora ogni giorno nella stessa mente opaca d'un'Europa piena d'asma, itterica, troppo materica. L'Europa sembra figurarsi a ogni inaugurazione: il solito ospite con la piantina "classica", il solito già cestinato, che allunga quel braccio come a dire faccio solo un assaggio e ingozza, va via sempre pieno. L'Europa è vecchia, è come il gioco asimmetrico dei volti: adesso stiamo a guardarle il lato destro, ché del sinistro ne abbiamo abbastanza. E poi c'è l'Oriente, che da Le mille e una notte ancora insonne vive l'incubo d'un Occidente che ogni notte la invoca, un estremo sud, un estremo caldo di giorno, che ha sempre il freddo di notte, e gli statunitensi a scoprirlo... in America non è vero niente che quelli sono pazzi, hanno le armi, uccidono i fratelli, non è vero niente che si vive meglio, non è vero niente, che è enorme e allora c'è tutta la tipologia di gente in un'unica gabbia. Ma l'Italia ha quel patrimonio culturale: di Pompei ha gli scavi, di Pisa ha la torre, di Milano ha il duomo, di Sorrento ha il golfo, di Salerno ha il porto e la cocaina di trent'anni fa, di Napoli ha Gesù e Gennaro. L'Italia ha troppi complementi di specificazione e appartenenza, ha molta compagnia, non ha complementi di comunione, né complementi individuali, ha un mucchio di roba accantonata in un mar spento, in mezzo a coste bellissime tutto è frastagliato, e il granchio scappa perché la sua casa oggi è invasa da un animale mai visto prima di colori fortissimi, blu e giallo, con segni che assomigliano a queste lettere: ACE, e poi ha come una bocca bianca, dalla quale ha visto colare liquido arancione, non ha ali - pensa il granchio - è pura, è caduta giù a picco, come fa il becco di un gabbiano. perché piango? perché la fantasia è diventata reale, e questo è l'orrore. Ci si rifugia nel reale, oggi. Descrivere ciò che appare reale è follia, a leggerlo. Perché non ti guardo? Perché preferisco immaginarti. Perché ascolto musica vecchia? Perché non l'ho mai ascoltata prima. Ma tu alle feste non balli... sei sciocco a non vedere che invece i piedi ballano, balla la spalla, e si sorride spesso. Guarda com'è cresciuto, guarda il sorriso tuo come era grande quando ti tenevi in piedi su una ringhiera di verde, quando c'era solo da immaginare. Guarda come sono pazza, mentre rido, guarda che follia a partire dai propri bisogni fisiologici. e al rumore del treno non pensi? e a tutto quanto non è mai stato consumato, spolverato, non pensi?

lunedì 15 aprile 2013

Disse un gabbiano, disse (o lo spazzino del mare)

Questo mare calmo m'inquieta
Questo mare in tempesta m'inquieta
Questo mare in onda m'inquieta
Questo mare inquinato m'inquieta
vivere nel mondo del sentito vivere, lì, qui e ora, dove le ombre sono creature altre, d'altre vite, e dove il sentito vivere si coglie sugli alberi come i meli, come i peri;
ma oggi vive un ieri che non esita a raccontarsi, smembrato d'ogni esperienza, relegato al mero ricordo.
A mordere, a passare il proprio tempo a mordere; perché sai, non esiste tempo libero: esiste tempo: perso, colto, marcito, recuperato, andato...Esiste un tempo, participio passato, padre di tutti. Esiste in noi un'insolubile verità manifesta, la sembianza animale (sempre mi sarai simile creatura domata). Esiste la tribù, l'elenco elementare, la composizione complessa, la fantasia sociale, e perciò il troppo facile "in&out".
Nulla è placato. Non nulla è placato.
Questo mare in alga m'inquieta
Questo mare in pioggia m'inquieta
Questo mare in sale m'inquieta
Potrei spiegarti per ore che l'autore di queste righe non sono io, ma il suo contenuto mi appartiene.
Potrei parlarti dei massaggi sulla schiena mai abbastanza forti.
Potrei dirti ancora che tutto questo appena mi stanca. Ma è vita da morire.
Potrei ingannarti e strapparti il sorriso per via della legge universale della mancanza.
Potrei dirti vieni a me, vedi a me, ma il cuore oggi è sulla bocca di un bimbo, spacciato per carne rossa nutriente.
Potrei insegnarti a camminare lungo l'urbs e osserverai, lo farai da te, lo spregevole incanto del disagio urbano, ma tratterrai il respiro fin su le spalle per poi ammettere con indistinta causalità che l'evoluzione non poteva sanarci.
Questo mare calmo m'inquieta
Questo mare in tempesta m'inquieta
Questo mare in onda m'inquieta

E invece niente da dire. 
Solo quel garrire, quel garrire che fece dire a un gabbiano.

lunedì 8 aprile 2013

Osservazione diretta di 11 esemplari. documento A (cuore di scimmia)

numero 1.
Ernesto, fil di ferro, età: non risponde mai, alza il mento e sorride. mestiere: non risponde mai, alza il mento e ride. 
numero 2.
Clarizia, legno di pero, età: 35 dice, e guarda giù. mestiere: si guarda addosso e dice: corpo mio, soldi tuoi, e ride. poi aggiunge, facendosi strada fra gli anelli e i capelli che nel gesto elegante s'impigliano fra le dita: figli anche, Piero e Mina. 
numero 3.
Umberto e Ursula, gemelli dalla nascita, età: 20x2, mestiere: ridono. Differiscono per sesso e parrucca e per essere ognuno un altro, tutto il resto è speculare. il cielo s'è annuvolato: lui guarda giù, lei guarda su. un attimo dopo è pioggia.
numero 4.
Teresa e Demi, età: secondo te?, mestiere: ereditiere, dicono. poi, si avvicina che sento il respiro posarsi sulla giacca con le spalline, sulla guancia, poi sento una goccia di saliva, poi sento la voce che sussurra, posso essere ciò che volio. Non solo non ama pronunciare la lettera G, dicono, ma si tratta anche di una sola persona, capisco.
numero 5.
Giove and friends, età: 15x3, mestiere: impiegati del tempo libero. ridono e si muovono goffi. un po' gli ormoni, un po' sono ancora abitati dal seme dell'infanzia. Giove mi lecca sull'occhio. era un obbligo, alza le spalle e me le gira per ridarle al resto dei Giove and friends.
numero 6.
Dav, età 29.54, precisa e poi fa danzare l'indice e il medio, seguo il vento, dice. mestiere: matematico, precisa. poi muove il bacino. no, è che mi piace anche muovermi, la musica, rosso, mi dice, vieni, balla.
numero 7.
Alice, età 17, mestiere: si fa crescere i capelli e la frangia a coprire bene gli occhi. sono bella?, poi sporge il seno, muove il capo. occhi di vetro.
numero 8.
Annamaria, età: 42, ma non è importante, mestiere: vocazione per l'altrui essere, il cane. ma non l'ho scelto io, dice, così hanno voluto. l'avversativa l'aiuta a giustificare ogni non sbaglio offeso, ma. per questo, più passerà il tempo, più passerà la sua voce. ma.
numero 9.
Flora, età: già 70, mestiere: di casa la donna. denti sporgenti, ride sempre, e ha una voce squillante, ma lei lo sa, per ciò ride di più. Sempre affacciata al balcone, ad affaccendare per sé la casa. ho un marito, marinaio, sorriso perfetto, dentiera nuova. casa sfitta, casa vuota, casa nuovabitata. altrove, parkinson, figli, tivù, passa la voce di clooney: what else?
numero 9.
Maria, età: 78, volendo ancora 18. mestiere: sofferente capricciosa. curriculum dolorante invidiabile, nemmeno per scherzo. bella, bella e austera, custode di tutte le ignoranze. Ave o Maria, tutti i giorni. mi pento mi dolgo, con tutto il cuore. armadio pieno di pellicce, carne congelata in cucina. provviste, abiti e ricchezze intoccabili. bella, bella e lo sa. io che tutto avrei potuto, ma non ho voluto, dice. l'uomo di casa, il figliol prodigo. mai andata in pensione. 
numero 10.
Angelina, età: 14, mestiere: dignitosa da sempre. troppi parti, troppo poco amore. ti amo, grazie. pronto? grazie. posso darti tanti baci, angelina? grazie. posso tirarle il sangue signora angelina? grazie. e sorride, sorride forte, sorride contagioso. poi un giorno mi hanno trovato che ridevo così tanto, che la lingua di lato restò. angelina sorride sempre, e pensa molto. quando avevo 82 anni, dice, vivevo una vita piena di gente, e di educazione civile. angelina dice, grazie, rispondo.
numero 11.
___________________________________________________________________________





ognuno di loro ha un cuore di scimmia. tutti, cioè, hanno avuto un trapianto di cuore di scimmia.

ma ogni scimmia educata impara a sbucciar le banane, a sorridere agli umani di là, dalla gabbia.
Le scimmie, per esempio sanno ridere.

lunedì 25 marzo 2013

Dialogo impersonale

Ma dimmi, perché hai un'aria così stanca?
Perché ho riflettuto.
Su cosa?
Qualcosa circa me.
E chi sei?
Un feto, un uomo, un pugno di terra, una canzone, un credo perduto.
Abiti da queste parti?
Ho una casa.
Hai qualcuno che ti sfiori durante il cammino?
Ho piedi stanchi e foglie raccolte.
Non dovrebbe essere il cervello stanco per quel riflettere che associava e che ti fece stanco?
Credo di aver riflettuto camminando: ho allontanato i chilometri, ho trovato qualche sasso, lanciato nel fiume qualche pensiero, barattato un'estate per un autunno.
Come ti chiami?
Come mi chiameresti tu?
Non lo so, sei solo un volto, una sagoma, un pizzico.
E dunque, mi stai forse dicendo, non mi appelleresti, non mi nomineresti, poi?
No.
L'altro uno sospirò un silenzio d'attesa
No, se la condizione del chiamare, appellare, nominare potrebbe non considerarsi, no, non lo farei. D'altronde, che senso avrebbe nominarti, avrebbe un senso, quel saperti nominare, se oggi comunque ti presenti ai miei occhi come stanco, come autunno, come foglia?
Non lo so. Non credi, forse, che esista un'onomastica, che la vita di un uomo possa essere legata al significato del proprio nome? Potrebbe avere un suo fascino?
Sì, certo, un fascino ce l'ha, così perfetto, così mendace. L'illusione di chi vuol nominarti o di chi lo ha fatto, per esempio, potrebbe fascinare, come gesto ingenuo di speranza; ma l'evidenza a cui non puoi mancare - teatrale - ricalcherebbe l'idea che un uomo di sé si cuce e si indossa: forte o debole anche del proprio nome, come a indossare un abito e vestirne le parti.
E dimmi, come si fa ad essere contenitore senza influenzare il contenuto?
Narciso ebbe il suo nome a guardarsi.
E allora?
E allora, un che sei, continua a stancarti. Saprò riconoscerti.
Ma no, non ho finito, ho ancora da chiedere, interrogare, fendere.
Continua a cercarti, a raccogliere, a contare, a seminare, a distruggere, a vendemmiare, a contempl...
L'altro un si strinse in pianto, rimpicciolì, cadde, si dimenò, si spogliò, si rivestì, disperse i sassi, li recuperò, compose prati, li calpestò, nominò un dio, lo imprecò, allattò da una madre, la accusò di crudeltà, si accarezzò, si avvolse in pianto ancora. Ecco le lacrime che corrono il viso, ecco le gambe, i piedi, la goccia di sale. Ecco il mare, un attimo di tenerezza, l'onta, la lacrima, il dubbio più vasto, l'autunno o l'estate, e l'uno all'altro, poi, daccapo -
Perché si piange?


martedì 12 marzo 2013

Frame pubblicitario

Oggi la pubblicità:
tutto va pubblicizzato, visto,
ben presentato.
Non è forse diventato un nuovo modo imprescindibile di amarsi?

L'amore ai tempi del packaging.

mercoledì 2 gennaio 2013

Eh.

Nel bosco sarebbe bello un piccolo orto. 

Avrei molti interessi da far ricadere nella categoria "tempo libero". Ma credo sia sbagliato il concetto di "tempo libero" da riempire con gli interessi. Quindi non ho interessi che riempiono il tempo libero. Il mio tempo libero, non amo trascorrerlo con troppa gente. Né a fare quello che mi piace. Generalmente dormo. Anche quello che si fa, o farebbe con piacere, se gli si stabilisce un orario, un inizio una fine, si presenta come un piacere da colmare, necessariamente. Ci riempiamo di scuse per riempirci la vita.