domenica 13 aprile 2014

al Chierico si domanda

Chierico.
T’era riservata la parte di Dio. A te. O forse t’era offerta solo una parte. Una fetta di torta.
Notte dell'aprile il primo. Non è uno scherzo.

Chierico,
a te è riservata ancora la parte che Dio ti cede? O che t’offre? Ma sai, offrirsi a un altro è sempre un gesto innato di cedimento. O di generosità. Un cedimento naturale, ma sai, certo che sai, un cedimento sociale è altruismo, è segno umile del punto unico. È bene. O è marxismo, vecchio scomodo, puzzolente. E che ne so, son mica marcsista! Non ci resta che essere moderni. E in questa modernità a me non resta che indagarti. carchierico, cara luce fioca di noia medioevale.

Chierico,
a te è concessa la parte non riservata da Dio. 
Anzi, è una parte che t’offro io. 
In questo spazio. Pesto buio di cera nera. Non vedi niente? 
Vedete: il chierico cieco avrà così affinità con Tiresia e con le vedove, le galline nere, che per tutti morirà mitico, invero di vanglorioporosi. 
Continuerà. Resisterà? Quello resiste, ce la fa. 
Dove? Qui, questo è uno spazio. Spaziate?

Chierico,
a te è esclusa la parte riservata dei loro dìi. Che gioco stupido di parole! 
Stupido? Chierico, sei relativo impallidito, sei un filo fioco di neve spenta. Tu, non spaventimi col tuo fòco. Hai paura? Dicevi: la fede nella ragione (e a Dio non pensavi?), la fede nella verità (e al cieco che dicevi?), ti trattavi in giustizia (roba di poco conto), in differenza, in possibilità. Tutte. 
Ma a te non è riservata solo una parte, anzi?

Chierico,
a te è fottuta la parte riservata di Dio. Ma parli ancora? E scrivi? 
Rispondi a questi frammenti di lettere e ti salverai. Sei salvo? Ti dicevano di parlare di mediazioni sentimentali per vacillare gli uomini nei luoghi comuni, per diventare il medico di ever/wood, per misurargli la temperatura corporea e dire loro, tutti, non solo a una parte, per dire loro. Signor gente, il suo è un grado zero. 
Fottendoli nel tutto.

Chierico,
o artificio necessario a quest’umanità in brandelli in bretelle, tu sei la fonte, l’ars, la costruzione recente recentissima, il congiuntivo; tu sei la parte riservata da Dio! Abbiamo capito. Ma per farci cosa?
Chierico, tu sei un punto nella loro direzione. L’imprendibile verme dell’umano còre. Il locus amenus, l’amen di un luogo comune. La grazia a cui l’occhio non tende. L’occhio reale, intendi?

Chierico,
a te che è riservata la parte di Dio, abbi il coraggio di venir fuori, spunta fungo velenoso, allucina mostra l’errore semplice di credere alla pubblicità del niente è impossibile, il complotto davanti al cassonetto, le notte in cassa muta, mostra quanto il reale è possibile solo, solo come solo tu sei, se l’occhio reale non reàla, ma fantàsia regala.

martedì 4 febbraio 2014

Retorica di una fotosintesi

Foglia,
è un sentiero di aridità che li ridusse in centesimi accantonati in scatole fetenti.
Foglia che spunti,
al mattino loro pensavano a te, piccola e esule, ti sbirciarono nel tuo verde nascere.
T'abbeverarono?
Foglia,
merletto di arbusto odor di legno e color di tempo, quelli smisero di pensarti quando nuova gemma metallica li trafisse. Che ti fa l'occhio più piccolo del mondo, ti guarda e t'ama, forse?
Sogno lucido di foglia,
l'opacità dell'asfalto l'ha fatti ciechi e ciecando volteggiano e ciecando annaspano fra gli odori di arbusto e ciecando accecano i tuoi disegni lievi. 
Ti dissero che, che sei solo una foglia, forse?
Foglia che ti conservo nel dolce oceano dei loro pianti,
accogli me piuttosto nel tuo candor d'esule. Esulami da questi morsi che mi strappano alla piccolezza,
proteggi tu il risolino, cullami, ché i loro bambini l'han fatti crescere, il mio è solo rimbambinito, invece, e di crescer non ce la fa. 
Foglia esule,
sfrega al mondo la tua clorofilla, abitua di nuovo tutte le creature a meravigliarsi di sé, riducile a spine innocue, placa il mio pianto, che non si ferma e ingrossa le mie foglie.
Ti diedero che, un volo caduco luccichio di eternità,
ti incantesimarono che, che non eri foglia ma voce significante del tuo nome?
Foglia, dimora di luce, devota alle stagioni,
metafora di te è me.