mercoledì 25 marzo 2015

La torre

. non vivere di 
un'immagine riflessa più non vive
un arbusto a mezzo dito crescere dentro 
squartare la lacerazione
a mezzo dito toccare
l'orbita più solida
liquida 
non vivere di
specchi riflessi
giochi in cui non credere
più non
vivere di
- Pigrizia e poesia vanno a braccetto!
di vivere
nel fangoso ruscello
del mondo
infinito affetto
lasciare vivere gli altri
di questo di quello
un dito
frattura
la lingua delle foglie
addomesticare
infinito affetto
per i padroni
non capire più
marca da bollo
marchiare il prossimo tuo 
come stesso non essere
non vivere di
fraudolenti pensieri
rimirare il giardino 
è un dovere
di geometri ingegneri
aerospaziali
annaffiare l'oltretomba ogni dì
a niente servire
- Riso e cavolo per desinare!
non commettere più
l'atto impuro
nutrire te stesso 
semper
nell'altro sprofondare
orbene
involucro unico da questo
evacuare.

domenica 13 aprile 2014

al Chierico si domanda

Chierico.
T’era riservata la parte di Dio. A te. O forse t’era offerta solo una parte. Una fetta di torta.
Notte dell'aprile il primo. Non è uno scherzo.

Chierico,
a te è riservata ancora la parte che Dio ti cede? O che t’offre? Ma sai, offrirsi a un altro è sempre un gesto innato di cedimento. O di generosità. Un cedimento naturale, ma sai, certo che sai, un cedimento sociale è altruismo, è segno umile del punto unico. È bene. O è marxismo, vecchio scomodo, puzzolente. E che ne so, son mica marcsista! Non ci resta che essere moderni. E in questa modernità a me non resta che indagarti. carchierico, cara luce fioca di noia medioevale.

Chierico,
a te è concessa la parte non riservata da Dio. 
Anzi, è una parte che t’offro io. 
In questo spazio. Pesto buio di cera nera. Non vedi niente? 
Vedete: il chierico cieco avrà così affinità con Tiresia e con le vedove, le galline nere, che per tutti morirà mitico, invero di vanglorioporosi. 
Continuerà. Resisterà? Quello resiste, ce la fa. 
Dove? Qui, questo è uno spazio. Spaziate?

Chierico,
a te è esclusa la parte riservata dei loro dìi. Che gioco stupido di parole! 
Stupido? Chierico, sei relativo impallidito, sei un filo fioco di neve spenta. Tu, non spaventimi col tuo fòco. Hai paura? Dicevi: la fede nella ragione (e a Dio non pensavi?), la fede nella verità (e al cieco che dicevi?), ti trattavi in giustizia (roba di poco conto), in differenza, in possibilità. Tutte. 
Ma a te non è riservata solo una parte, anzi?

Chierico,
a te è fottuta la parte riservata di Dio. Ma parli ancora? E scrivi? 
Rispondi a questi frammenti di lettere e ti salverai. Sei salvo? Ti dicevano di parlare di mediazioni sentimentali per vacillare gli uomini nei luoghi comuni, per diventare il medico di ever/wood, per misurargli la temperatura corporea e dire loro, tutti, non solo a una parte, per dire loro. Signor gente, il suo è un grado zero. 
Fottendoli nel tutto.

Chierico,
o artificio necessario a quest’umanità in brandelli in bretelle, tu sei la fonte, l’ars, la costruzione recente recentissima, il congiuntivo; tu sei la parte riservata da Dio! Abbiamo capito. Ma per farci cosa?
Chierico, tu sei un punto nella loro direzione. L’imprendibile verme dell’umano còre. Il locus amenus, l’amen di un luogo comune. La grazia a cui l’occhio non tende. L’occhio reale, intendi?

Chierico,
a te che è riservata la parte di Dio, abbi il coraggio di venir fuori, spunta fungo velenoso, allucina mostra l’errore semplice di credere alla pubblicità del niente è impossibile, il complotto davanti al cassonetto, le notte in cassa muta, mostra quanto il reale è possibile solo, solo come solo tu sei, se l’occhio reale non reàla, ma fantàsia regala.

martedì 4 febbraio 2014

Retorica di una fotosintesi

Foglia,
è un sentiero di aridità che li ridusse in centesimi accantonati in scatole fetenti.
Foglia che spunti,
al mattino loro pensavano a te, piccola e esule, ti sbirciarono nel tuo verde nascere.
T'abbeverarono?
Foglia,
merletto di arbusto odor di legno e color di tempo, quelli smisero di pensarti quando nuova gemma metallica li trafisse. Che ti fa l'occhio più piccolo del mondo, ti guarda e t'ama, forse?
Sogno lucido di foglia,
l'opacità dell'asfalto l'ha fatti ciechi e ciecando volteggiano e ciecando annaspano fra gli odori di arbusto e ciecando accecano i tuoi disegni lievi. 
Ti dissero che, che sei solo una foglia, forse?
Foglia che ti conservo nel dolce oceano dei loro pianti,
accogli me piuttosto nel tuo candor d'esule. Esulami da questi morsi che mi strappano alla piccolezza,
proteggi tu il risolino, cullami, ché i loro bambini l'han fatti crescere, il mio è solo rimbambinito, invece, e di crescer non ce la fa. 
Foglia esule,
sfrega al mondo la tua clorofilla, abitua di nuovo tutte le creature a meravigliarsi di sé, riducile a spine innocue, placa il mio pianto, che non si ferma e ingrossa le mie foglie.
Ti diedero che, un volo caduco luccichio di eternità,
ti incantesimarono che, che non eri foglia ma voce significante del tuo nome?
Foglia, dimora di luce, devota alle stagioni,
metafora di te è me.

venerdì 13 dicembre 2013

Ritornello

(quando mai si vide luna mancante.
quando mai si vide buio sorgere
quando mai funghi fecero fiore
quando mai dentro il mare, il mare di dentro sposò foglie
quando mai acquerello acquietò acrilici
quando mai scadenza produsse essenza)
Quando mai distesi sul grumo più duro dell'estate i giovani più giovani presero umidità in grosse percentuali.
Mai più persi nei loro idilli funerei, adulti; sempre più adulti scoraggiarono il ricordo mostrando album. La colla staccava, ingiallita, si staccava la pressione che mano accaldò, fra carta e carta fotografica. Un gesto, nient'altro che un gesto, su cui tutta la gioventù posava, labile ed esterna, come di quei lutti su cui s'adagia il dolore e in poco tempo scompare, diventa interno ma scompare; riposa sul grumo duro dell'attesa estiva.
Quando mai Trimalchione organizzò pranzi.
Quando mai femminote e marinai sgusciarono l'ovulo del crostaceo speciale.
Quando mai uominiedonnenote si unirono senza mai penetrarsi, dentro, più dentro nel mare, senza dolore.
quando mai lingue arrovellate produssero suoni identici.
Quando mai e quando, queste parole potranno sporgere verso il segno più prossimo della deriva.
Quando mai questo grumo fuori stagione di detriti saprà tatuare l'evidenza del suo tempo e darle un senso, quando mai l'ancora ruggiosa del tempo ferirà l'attualità allora davvero segnoparolanota potrà sporcare la lingua di voialtri.
quando mai questo sarà un solco giocato sull'asfalto ancora fresco di un immenso grigiore
iotuevoialtrinoti attaccheremo ancora giovani la memoria della parola, sensata, utile e la distenderemo con pressione di mano su quell'altro; gioventù diverrà giovinezza e parola non più segno dentro il solco.
Ma parolanota.
Quando mai

martedì 17 settembre 2013

posto un post

Ecco:
posto un post.
Ecco:
è già il post.
Apostoli
Baldracche
Sciagurati
: un posto, il posto dammi un po' un po po un polo senza un po po' sto un po' un posto e avrai comunità regolamentate da norme comunitarie e non più sociali.
C'è differenza:
un po'.
Apocalissi
Apolidi
Apocrifi 
A po' just a po un peau 
Il Po
un po' di posta. 
Era un po' che non vedevo il po po postino. Signor po-po-po-Post! no! Signor Postino! Dov'è (popopopo)stato?
è un po' che asp-p-p-spetto la casella della posta p-p-p-pppiena di post.
è da un post che aspetto. 
Mi apposto alla finestra, ma senza affacciarmi.
Non vedo stesso posto stessa ora già da un po'.
Eppure gli dissi, -guarda che in un post pppuoi starci.
Posteggiatori 
Posto in banca
Posto in posta
: il banco posta
Un posto a tavola
e poi l'imposta
rispost-o-titolo-di-un-post
Un po'porno
Su prati c'eravamo Presi a Padova, Paris era impronunciabile. era prima di partire alla caccia di un posto. 
Che per caso ha visto un posto?
Pacco doppio pacco e controppaccotto
Eppure doppia p. PP: caPPotto.
aPelle figlio di aPollo perse una palla di pelle e di pollo
e Poi?
puoi postarmi in uno dei tuoi post, posso, posso, posso entrare?
Kann ich ausgehen?
Poi arrivasti in pu pu 
punta di ppiede. 
Puff!
sParisti = andasti via da Parigi.
E non venirmi a dire che qui non c'è posto per te. 
Che non si faccia di tutto un post.
E allora poi, ma solo poi, mi vieni a dire.
poc'anzi
PO po ppppp posto post posso
NON TI POSSO SENTIRE!
uh!uuuuhhhrli, perché urli? 
Possibile che non mi senti?
po-po-po-po possibile,
Puoi senitirmi? senti? non senti? Non mi senti.
Posso solo solo sentire le tue pi.
Puoi venire un po' nel mio post?
e poi?
ti posto.

venerdì 6 settembre 2013

Framenti. C'è una grammatica involontaria

Il sale brucia
ma non sul mio viso.
Il sale bacia 
dove l'acre limone lecca il sale. 
È  ferita.
Lacerato
l'acerato 
l'acer
l'ace rato, 
lacerato. 
Torno a costituirmi-ri, torno dentro di me, I.N.-R.I., nell'elettronica consunta e opaca di questi spazi, orizzontali, nazional-popolari.
MA
tu schiacciami, acciami. uT
Griderensi, perchè gridai e insieme sognai, 
uh, forte 
al sospiro inseguii le mie albe 
oh mio mio mio
tutto ciò che abito è mio 
persino 
i miei occhi uno diverso dall'altro sono miei
MA
se il cuore divenisse metallo, senza un rantolo di vita, sentirebbe solo freddo. eppure, sentirebbe. 
È un'abbondanza che straborda dalla bocca, e gocciola, come la bocca della Merini su quel trono, era il piccolo schermo, della donna alda: aggettivizzo identificando.
MA
Prendi un corpo, per esempio. Le parti di un corpo. 
La pubblicità declama: RACCOGLI LA MIA PELLE
occhi--> ed essi si mescolarono al rosa variopinto di ciascun frammento. e dissero tutto.
naso --> ed essi videro non la regolarità e l'armonia del corpo naso nel corpo volto; essi videro solo narici. e odorarono tutto
MA
oh mia mia mia
oh mia stella fradicia posata in purgatorio, 
oh mia, 
oh mio deserto di auto-referenzialità, avrò lettere di referenza da scriverti ancora; potrò? 
Potrò mai più io dirti mio e sempre io ché se mio, raccomandarti ad altri me, e con quale ego, ancora io potrò mai?
io che vivo nel cuore del bue, io che bevo vino da botti secche, a ritmi irregolari, io che coltivo cuori in periferia, io che di mestiere null'altro conosco che il tempopassatore. 
oh mia mia mia 
oh mia oh mia dolce tremenda compagnia, (ti prego, leggi compagna, ma scrivi compagnia)
oh mia che t'amo, io che t'amo più me.
Quest'ode è a te, al vento e ai rachitici. 
Quest'ode è all'oste che vendeva ostia di contrabbando al parroco, 
quest'ode è al dio lercio, al comune mio dio, al territorio pulito che è un deserto, alla piazza alcolica, quanti bei sogni infranti, bicchieri dei bar rubati...
MA
Il parroco disse, e ne fu convinto, era un funerale, io mi ricordo, disse:
-Gesù Cristo non s'è vergognato di essere stato fra gli ebrei-
Allora io mi alzai e con gran  religione presi il calice e spezzai il pane e bevvi il vino e lo diedi ai suoi discepoli e dissi, prendete e mangiatene tutti questo è il calice del mio sangue, offerto in sacrificio per voi, no 
MA 
dico, per te e per la nuova alleanza
Bevvi il vino e spezzai il calice sulla testa del parroco. I suoi discepoli sbigottirono (i bigotti) e di ridicola premura s'assicurarono si trattasse di un errore.
Spezzai il pane, glielo spezzai fra i suoi denti
e ne mangiò
e Gesù non si vergognò d'essere fra gli ebrei.
Nuova alleanza si crea quando nuovo corpo prende forma. 
MA
Gesù non può vergognarsi di essere stato fra gli ebrei, manco a dirlo, perché in Gesù c'è trinità, padre figlio e spirito santo.
MA
posso dire anche parole da more, 
se vuoi.
c'è una grammatica involontaria
c'è una grammatica involontaria
c'è una grammatica involontaria

martedì 2 luglio 2013

Da molti a uno

Posso fare a meno di sprecare?
Anche questo è spreco.
Meglio tacere (fra parentesi di punteggiature)

Ma la prateria è un cantiere di infinita creatività.
 Questo blog?
Una casa senza mutuo da pagare, un angolo o una gogna, un rifugio da dove filtra luce, un'alcova dove gli unamanti si incontrano e si confrontano, dove ogni immagine è esperienza, e tutte le esperienze immagini mai univoche. 
Ci sono molte voci, molte vite, molti modi, molti sorrisi, molti mattini, molte lune, molti inverni, molte primavere, molti amici, molta gente, molti bar, molti occhi, molti girasoli, molto grano, molte nuvole, molti portici, molte manie, molte abitudini, molte penne, molti siti, molti contenitori, molte navi, molti blog, molti gruppi musicali ma anche molti solisti, molti libri pubblicati, ma anche mai pubblicati, molte memorie personali in un cassetto, molti racconti raccontati e quindi molte storie in immagini descrittive mai uguali, molti fotoricordi, ma molti pochi album, molte famiglie, molti poster, molte calamite sul frigorifero, molti corpi, molti cani, molti arazzi, molte piantagioni di tabacco, molti vestiti, molti soldi, molti mestieri, molte tasse, molte scelte, molta immondezza, molta pornografia, molti verdi luoghi, molte isole verdi, molte cassette, molti dvd, molti film, molti animali,  molte chiacchiere, molto cibo, molte feste, molta carne, molti libri in biblioteca, molta folla, molti supermercati, molte settimane, molte domeniche, molti venerdì, molte idee, molte pizze, molti alcolici, molti belvedere, molti verbi, molti errori grammaticali, molti odori, molte essenze, molti capelli, molte utilitarie, molte canzoni, molti anelli, molti piedi, molte bottiglie, molte ortiche, molti alberi, molte capitali, molte europe, molti politici, molti precari perché esistono molti presenti precari sussistenti senza molte assistenze, molti eventi, molte culture, molti eventi culturali, molta frutta, molte vitamine, molta normalità, molta decenza, molti significati, molte maschere, molto teatro reale, molte guerre, molti utenti, molti studenti, molto palinsensto, molto privato, molte morti, molti guerrieri, molti asili, molte carceri affollate, molte cravatte, molti semafori, molti dottori, molti alberghi, molte scarpe, molti molti.


Molti tutti, anche gli ottimisti convinti, sanno dire che soffrire è potenza.
precari da un secolo, noi viviamo il costante precario quotidiano come esperienza sofferente.
Così non sappiamo spiegarci, non sappiamo descriverci, ci definiamo purtroppo, e andiamo, con un costante  soffrire quotidiano che ci impedisce di imparare, assimilare e ricominciare. (Lo slancio) è solo un piede che calcia una catena.

Dormire nel reale.
Se il reale ti inghiottisce non dormi, vivi solo.
Mi sono trovato sveglio in sogno.
pausa estiva