lunedì 26 marzo 2012

Ricordo di un'ombra


Dicevo all’amico Tom che le ombre non appartengono ai corpi. Sorrise Tom, sorrise a lungo nel suo viso di plastica e canditi. Io continuai a discorrere senza avvedermi della mia incompletezza e della mia ridicolezza. Tornai a casa stanco e sfatto, calciando i sassi che incontravo sulla strada. Un gatto, un’aiuola, nuvole in fuga, luna piena, due rughe all’occhiello e quattro mani e un braccio di cui non ho mai saputo che fare. Pensavo, pensavo all’amarezza che Velcaninov avrà di certo provato nel rendere il conto di quegli anni trascorsi a T.; pensavo a Velcaninov e alla piccola Lisa, la figlia morta, conosciuta per un momento in una stanza d’albergo e poi immaginata. L’ipocondria, spazi immensi, riprenditi. Un mio amico una volta mi parlò di una figlia che credeva sua e che perciò cominciò ad amare, a cullare, a pagare. Poi la piccola morì precocemente e il giorno del funerale seppe che non era figlia sua. Cominciò a disperarsi. Pianse a lungo sulla tomba piccola e nivea, mi raccontò. Quando la stanchezza scivolò dal collo della luna, l’amico alzò la testa e si sorprese nel vedere che fosse già sera. Si spaventò nel vedere la sua ombra che di fianco gli stava in una posa diversa e non riflessa, in piedi, davanti lo fissava.  Si contorceva la tomba di una niňa sconosciuta; il lavoro perso come l’amore facile,  gli occhi sbiaditi e l’ombra che ancora dinanzi restava. Gli chiese chi fosse, ma quella non rispose, niente affatto. La urtò, la spinse e quella niente, poi incalzò vento e se la portò via. Non dormì, non tornò a casa. Bussò alla mia porta, entrò si versò da bere e cominciò a raccontarmi quanto ho ricordato. Risposi che avrebbe dovuto riposare e respirare calmo, fumare una sigaretta e coricorarsi, lì sul letto. Allucinazioni, amico, il dolore fa brutti scherzi. Ma oggi ripenso con stizza alla mia sete di risposte inutili. Oggi capisco: quell’ ombra non era che la sua che lo ammoniva senza giudicare.Sì, le ombre si staccano dagli uomini in preda al panico che s’aggrappano a un’altra vita, l'afferrano con l'uncino, rincorrendola, la vita d’un altro. E dunque, l’ombra si stacca silenziosa, stanca e attonita. Poi spalanca le piccolezze dell' umanità al suo uomo e si lascia soffiare dal vento non potendo più riflettere chi brama l'altrui vite e non gioca più con la sua ombra, con la sua niňa.

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