domenica 5 agosto 2012

La tavola

Sono tranquillo, eppure.

Quel giorno fu il bilancio di tre anni spesi in quella casa enorme, da tenerci tutti dentro, piccola, da sentirci tutti addosso all'altro. Raccontai ai miei figli di un'emozione da bar facendola passare per emozione da sala da ballo.

Lei arrivò comunque tardi, e gente in giacca e cravatta urlava il suo nome, mentre per lei, stranamente, apparve più importante il bilancio degli anni che quel momento. Visi noti le sembrarono maschere, maschere, maschere. Entrò d'un fiato, col cuore nelle maniche, sorrise al tavolo lungo di legno, agli uomini affollati sul tavolo e cominciò la sua arringa. Ogni faccia fu più umana che mai, mai ai suoi occhi le parve tutto più inaspettato. Quando tornò a sedere si guardò intorno, di proposito. Ecco, questo è il momento di rapire ogni cosa. Intorno a sé, dietro di sé, davanti a sé: uno rideva, un altro si agitava, un altro ancora osservava, ancora un altro sbigottiva, uno fra gli altri agitava le braccia per farsi vedere, un altro si nascondeva sotto le formalità. Gli uomini affollati su quel tavolo lungo restarono a fissarla per un po': la figlia di Narciso la fissò incredula e sottecchi fece un cenno di approvazione, il pendolare stanco blu la fissò a lungo e prima le porse un sorriso e un occhio strizzato, e dopo, un sorriso. Il sud le sorrise in fretta, l'Inghilterra sorrise sotto le labbra, la geografia fissava senza capire da che regione arrivasse. Ma il suo posto, lo notarono in molti, fu su quella sedia, a tener la mano stretta all'Africa. Nessun momento fu mai tanto pesato. Le persone si accalcarono per gli abbracci, la selezione naturale si propose imprevedibile: gli inaspettati furono i migliori, i primi giorni di scuola marcirono nel tempo d'un giudizio, le donzelle e gli sguardi inutili furono ricacciati dall'organismo, fisiologicamente. L'uomo grosso, buono negli occhi e folto nella barba le porse i fiori più belli del mondo. Il disprezzo, quello arrivò in anticipo, ma si presentò dopo. Sorrise, pure, nella speranza di un'ultima briciola e invece, non servì. Durante i festeggiamenti qualcosa di meno festoso s'insinuò nei suoi pensieri: le correvano in mente tutti gli anni trascorsi, le occasioni perdute per un paio di sigarette, il cadavere dei ricordi da seppellire.

Ora che il cadavere è stato seppellito, i ricordi piano piano si collocano nei propri spazi, ogni cosa assume il suo "è" nel tempo e nello spazio, i visi belli restano pochi, gli stessi; ora che è stato buttato un quintale di pesantezza, è tempo di sorridere. Respirare. Ora è tempo di elenchi.

Via alla false recidività, alle scadenze matematiche in questioni irrazionali, al bello al brutto e al cattivo, a mio marito mai voluto, alla caccia alle streghe in cui fu bruciata al rogo sua madre. Ai momenti che non avevo promesso di vivere e che sono arrivati puntuali, alle bandiere bianche sventolate ogni volta, alla ciclicità che verrà in forme nuove, alla resistenza che si rinnova sempre, a tutto quello che gli uomini avranno e che perderanno. Io brindo.

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