lunedì 15 aprile 2013

Disse un gabbiano, disse (o lo spazzino del mare)

Questo mare calmo m'inquieta
Questo mare in tempesta m'inquieta
Questo mare in onda m'inquieta
Questo mare inquinato m'inquieta
vivere nel mondo del sentito vivere, lì, qui e ora, dove le ombre sono creature altre, d'altre vite, e dove il sentito vivere si coglie sugli alberi come i meli, come i peri;
ma oggi vive un ieri che non esita a raccontarsi, smembrato d'ogni esperienza, relegato al mero ricordo.
A mordere, a passare il proprio tempo a mordere; perché sai, non esiste tempo libero: esiste tempo: perso, colto, marcito, recuperato, andato...Esiste un tempo, participio passato, padre di tutti. Esiste in noi un'insolubile verità manifesta, la sembianza animale (sempre mi sarai simile creatura domata). Esiste la tribù, l'elenco elementare, la composizione complessa, la fantasia sociale, e perciò il troppo facile "in&out".
Nulla è placato. Non nulla è placato.
Questo mare in alga m'inquieta
Questo mare in pioggia m'inquieta
Questo mare in sale m'inquieta
Potrei spiegarti per ore che l'autore di queste righe non sono io, ma il suo contenuto mi appartiene.
Potrei parlarti dei massaggi sulla schiena mai abbastanza forti.
Potrei dirti ancora che tutto questo appena mi stanca. Ma è vita da morire.
Potrei ingannarti e strapparti il sorriso per via della legge universale della mancanza.
Potrei dirti vieni a me, vedi a me, ma il cuore oggi è sulla bocca di un bimbo, spacciato per carne rossa nutriente.
Potrei insegnarti a camminare lungo l'urbs e osserverai, lo farai da te, lo spregevole incanto del disagio urbano, ma tratterrai il respiro fin su le spalle per poi ammettere con indistinta causalità che l'evoluzione non poteva sanarci.
Questo mare calmo m'inquieta
Questo mare in tempesta m'inquieta
Questo mare in onda m'inquieta

E invece niente da dire. 
Solo quel garrire, quel garrire che fece dire a un gabbiano.

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