martedì 1 febbraio 2011

Riflessioni di un giorno qualunque descritte da chiunque.

Mi sono data il buongiorno insultandomi (“Porca puttana troia!”). Ma poiché associamo a un insulto una parolaccia, mi sono sentita subito sporca e più non ci pensavo, più il mio cappotto si faceva rosso, più mi arrendevo alle convenzioni, più le persone che avevo davanti mi sembravano frutto dei miei ormoni allucinati. I miei occhi crollano quando la luna si fa vedere. Non c’è più un solo film che valga tutte queste incertezze giovanili. Oggi ho visto alunni, docenti, sagome riflesse dimenarsi in orge acrobatiche. Ho visto un funambolo su una sedia a rotelle, ho mangiato una mela, ho cercato di capire, anzi di dare un nome alle cose, ho dato un nome alle cose, non le ho capite comunque, ho superato un esame perché ho osservato quanto l’ansia inutile unisca e quanto l’impegno divida e quanto tre uomini con una gamba non siano in grado nemmeno di stringere una mano. Ho capito che non c’è posto per me in un cinema il martedì sera, ho capito che siamo tutti contadini incapaci e che i prossimi a essere ghigliottinati saranno gli assetati di visibilità e di successo. Li voglio perdenti i compagni del mio paese, tutti, li voglio pieni di mare, con la coda lunga in corsa verso il lungo Tevere.
Sembriamo tutti figli malsani di una scrittura orfana. Figli di quali parole siamo? Non può esistere parola senza idea. E allora eccolo il mio puzzle di parole insensate vacue appiccicose sporche ingenue timide lunatiche ricche di volontà adolescenti…. Senza virgole non prendo respiro ma desidero sentire il mio respiro asmatico e poi cadere e sentire il tuo abbraccio. È bello terminare questo sfogo virtuale sapendo che nulla cambierà e che tanto poi resto sempre innamorata dei miei spazi vuoti.
Non vederci il mio in queste parole, anche se a scrivere sono io è di te che parlo.
Che il Signore ti abbia in gloria!

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