mercoledì 8 febbraio 2012

Post datato.

Sette febbraio duemiladodici.
Rivivere un giorno all' indietro. Daccapo.

Una sveglia che non deve suonare mai, perchè bisogna svegliarsi naturalmente, quando gli occhi si aprono e al fianco, al fianco sinistro un respiro ancora dorme. Un quarto alle cinque. A quell'ora apro gli occhi e l'aria intorno è diversa: l'aria è pesante sebbene fresca, un lavorìo di atomi che si preparano a un nuovo giorno, cordone di quello appena trascorso. L' informazione ottica determina la percezione; la luce scandisce il tempo dei giorni, invece. Ho freddo alla schiena, con un gesto brusco abbandono il calore del letto e mi siedo a leggere e mi siedo a bere la tisana alla liquirizia caldissima, che scivola dalla bocca e mi scalda fino allo stomaco. Un'ora dopo sveglio un pensiero e gli telefono; piccoli versi e piccole voglie s' infilano sotto le coperte che ho abbandonato. Ho rimboccato le coperte a quel pensiero, meglio riprendere a leggere.
L'alba spuntare, le finestre gelare, le case sbadigliare, il vento soffiare, la calamità lavorare. È un altro giorno, semplicemente. La necessità mi costringe al bagno, ride mentre sfilo ogni cosa dal corpo e l'acqua si tuffa nell'acqua; si fa calda.
Lui mi aspetta come accade di rado all'uscio e prepara l'auto bellamente, la fa accogliente, poi conta i minuti e sfreccia veloce: abbiamo sette minuti per essere felici. Lo bacio, solo all'ottavo minuto e salgo sull' autobus e mi diverto a fissare le solite facce, a fissare le solite strade, a fissare il gelo divenire soffice ad ogni goccia e morbido farsi neve. Sono un pinguino impaurito: le piscine non le ho mai viste. Tienimi la mano. Oggi è sette febbraio duemiladodici. La prima sigaretta del sette, un mal di testa simpatico, un sorriso limpido e un' ansia, una sola ansia che sa unire le pelli.
Siedo a un banco e aspetto sconfitta l'ora deludente e la memoria prospettica balbettare. È  già tutto previsto. Lo sapevo; un imprevisto. Riuscirci e correre via via vai via veloce dai sorrisi belli e correre a dare sorrisi, tutti quanti, perchè è deciso: stasera tornerò a casa senza denti. Ma dopo corriamo a lanciarci la neve in faccia? Sì, dopo ci promettiamo di non lasciarci mai, di fermare il tempo ad ora, ad una scena infantile quasi già vista, mentre un ciuffo finisce finalmente il suo percorso e può prenotare la sedia del barbiere.
Il sette febbraio duemiladodici ho visto la neve e l' ho toccata. Il sette febbraio ho visto una mano e l'ho stretta. Il sette febbraio ho visto gli anni scorrere e la gente restare. Il settefebbraioduemiladodici ho promesso alla neve che non avrei fatto sciogliere tutto al sole, che sarei stata capace di avere, senza possedere. Ho promesso alla pozzanghera che le avrei portato un po' d'acqua.
Ho promesso alla bufera che avrei parlato agli occhi.
(Non è mica tutto qui)

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